La malattia da Covid-19 si caratterizza per una notevole variabilità clinica. Questa può essere determinata da una particolare virulenza di alcune varianti del virus (ad es. la variante inglese), dalla presenza di comorbidità e dalle modalità di risposta all’infezione virale da parte del nostro organismo. Infatti, in presenza di una infezione virale di qualsiasi tipo, il nostro sistema immunitario si difende mettendo in atto diversi meccanismi. Il primo è la sintesi di alcune proteine, chiamate interferoni, che comprendono alcune classi di molecole differenti tra di loro. La famiglia degli interferoni fu scoperta nel 1957 dal virologo britannico Alick Isaacs e dal suo collega svizzero Jean Lindenmann. Il termine “interferone” deriva dalla osservazione che tali molecole interferiscono con il virus che attacca la cellule al fine di proteggerle da ulteriori infezioni virali. Nelle infezioni virali polmonari, gli interferoni più precoci sono quelli di tipo III, particolarmente espressi negli epiteli di barriera (respiratorio e gastrointestinale), che conferiscono resistenza virale alla mucosa respiratoria limitando l’iniziale diffusione virale. Tuttavia, quando la carica virale è elevata o l’azione degli interferoni di tipo III non è sufficiente, si osserva l’induzione degli IFN di tipo I per aumentare la risposta antivirale. Questa ultima famiglia di interferoni, però, può anche stimolare una risposta infiammatoria che se eccessiva può provocare danni polmonari molto severi, aumentando il rischio di mortalità del soggetto contagiato.
Oltre a quello proprio della famiglia degli interferoni, esistono altri meccanismi di controllo del grado di risposta immunitario del nostro organismo che stanno a ”monte” e che possono, a loro volta, modificare la risposta di queste molecole.
E’ dimostrato che alterazioni dei geni implicati nella sintesi di queste proteine possano determinare una risposta inefficace contro il virus o un’eccessiva risposta infiammatoria a livello polmonare.
Per tali ragioni, l’Associazione Piera Cutino, in collaborazione con la Fondazione Franco e Piera Cutino, ha costituito un Comitato Nazionale di Esperti e sviluppato un progetto per la raccolta nazionale di dati clinici e di campioni di DNA, finalizzato a dare una risposta a queste domande. Tutti i centri partecipanti, incluso il nostro, lavorano in stretta collaborazione con la Rete Europea per le Malattie Ematologiche Rare.
Scopo principale del progetto nazionale è quello di valutare se esistono alterazioni dei geni che sintetizzano queste famiglie di proteine associate alle forme più gravi di Covid-19 a mortalità elevata in pazienti con malattie ematologiche rare (come ad es. Talassemia, Anemia Falciforme, Altre Anemie Emolitiche Congenite ed Acquisite, Piastrinopenie, Disordini congeniti e acquisiti dei globuli bianchi, etc.).
Tale studio potrebbe fornire informazioni importanti al fine di differenziare i pazienti ad alto rischio da quelli a basso rischio per decorso severo e di ottimizzare la efficienza dei provvedimenti terapeutici. Per tali ragioni, è con enorme entusiasmo che ho appreso la notizia che Federfarma ha deciso di scendere al nostro fianco per sostenere il progetto coinvolgendo le proprie farmacie.
Questo ci potrà consentire di poter avere, sicuramente, maggiori disponibilità per la raccolta dei fondi necessari a poter portare avanti un progetto di ricerca per il contrasto al Covid19 in pazienti con malattie ematologiche rare.