È risaputo quanto la diagnosi prenatale sia importante per stabilire se il feto è affetto da alterazioni genetiche o disordini cromosomici che possano dar luogo a malattie fisiche e psichiche nel nascituro. L’informazione a tal riguardo non è mai troppa. Abbiamo, quindi, incontrato il dottor Antonino Giambona, responsabile del laboratorio di riferimento regionale per lo screening e la diagnosi prenatale di emoglobinopatie, per chiedergli cos’è esattamente e come funziona questo esame.
Dottore, ci parli della celocentesi e in particolare di come si effettua il test.
La celocentesi è una procedura innovativa di diagnosi prenatale messa a punto dal team di ricerca coordinato dal prof. Aurelio Maggio presso il Campus di Ematologia “Franco e Piera Cutino”, all’Ospedale “Cervello” Palermo.
Circa 31 giorni dopo l’ultimo ciclo mestruale, il sacco gestazionale ha una sezione di circa 2-3 millimetri. Intorno alla V settimana di gestazione, le uniche strutture embriologiche visibili ad un esame ecografico sono la placenta primitiva e la cavità celomatica. In questa epoca, la cavità amniotica che contiene il feto, è più piccola rispetto alla cavità celomatica.
Dalla IX settimana la cavità amniotica cresce di volume mentre la celomatica si assottiglia sempre di più fino a scomparire del tutto intorno alla XII settimana di gestazione. Tra la VII e la IX settimana di gestazione è possibile prelevare una piccola quantità di liquido celomatico (circa 1 ml) per via transvaginale sotto controllo ecografico ed effettuare la diagnosi prenatale utilizzando il DNA estratto dalle cellule di origine fetale presenti nel liquido.
Quanto tempo è stato necessario per studiare questo processo e mettere a punto il metodo di diagnosi prenatale che chiamiamo celocentesi?
Lo studio sulla celocentesi è iniziato nel 2005 e terminato nel 2010 da una collaborazione tra la Fondazione Franco e Piera Cutino, l’Unità Operativa Complessa di Ematologia II dell’Ospedale “Cervello” di Palermo, l’Unità Operativa Semplice di Diagnosi prenatale del medesimo Ospedale siciliano e l’Università di Ioannina in Grecia. Durante il primoanno, il Professore George Makrydimas dell’Univesità di Ioannina, ha eseguito diverse decine di prelievi di liquido celomatico presso il nostro ospedale con un duplice obiettivo:
• trasmettere la sua esperienza di prelievo del liquido celomatico ai ginecologi del servizio di Diagnosi Prenatale;
• fornire campioni di liquido celomatico al Laboratorio di Diagnosi Prenatale di Talassemia afferente all’Ematologia II per la standardizzazione di un protocollo diagnostico utilizzabile per la diagnosi prenatale precoce di talassemia.
Allora, poco si conosceva della composizione cellulare del liquido celomatico, per cui la prima fase sperimentale è stata la valutazione delle cellule presenti nel liquido celomatico.
È stato scoperto che all’interno del liquido celomatico sono presenti cellule di origine materne, che interferiscono con l’esame, e cellule di origine fetale idonee per la diagnosi prenatale. Il primo obiettivo della nostra sperimentazione ha portato alla individuazione delle cellule materne e fetali in relazione ad alcune loro caratteristiche genetiche e successivamente poterle distinguere morfologicamente utilizzando un microscopio a contrasto di fase.
Successivamente sono stati sperimentate tecniche per isolare le singole cellule fetali da utilizzare per la diagnosi prenatale (uso di anticorpi o micromanipolazione) e rendere il campione idoneo per l’analisi.
Accanto a questi progressi sono state sviluppate specifiche procedure diagnostiche per la valutazione della percentuale di contaminazione da cellule materne del liquido celomatico e sensibili tecniche di analisi del DNA genomico per lo studio dei geni globinici.
Quale è stato il ruolo della Fondazione Cutino, durante questa fase di ricerca?
La Fondazione Franco e Piera Cutino ha contribuito al sostenimento dei ricercatori dedicati alla sperimentazione e allo sviluppo delle procedure diagnostiche investendo circa 70 mila euro dei propri fondi provenienti da donazioni private. La celocentesi è stata alla base del progetto “Sistema di purificazione di cellule fetali per indagini prenatali precoci” finanziato dall’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Siciliana che vede la Fondazione Cutino partner con altri Enti nazionali. Inoltre, su questo grande risultato scientifico si è accesa l’attenzione
di “Prenatal Diagnosis”, rivista internazionale edita a Boston e riferimento numero uno nel campo, che nel prossimo numero in uscita pubblicherà il nostro lavoro, riportando fra l’altro in copertina la foto delle cellule prelevate dal liquido celomatico.
Chi può ricorrere a questo tipo di esame e quanto costa?
La celocentesi è offerta in maniera gratuita a tutte le coppie a rischio per talassemia ed anemia falciforme che ne fanno richiesta in tempo utile. Il prelievo del fluido celomatico viene effettuato tra la VII settimana e la IX settimana di gestazione.
Quali sono i primi numeri, che percentuale di attendibilità ha il test?
Ad oggi, sono state effettuate 330 procedure diagnostiche per talassemia di cui il 12% effettuate in pazienti provenienti da altre regioni italiane. I dati di questo lavoro sono stati accettati per la pubblicazione sulla rivista “Prenatal Diagnosis”. Inoltre è stata effettuata una diagnosi prenatale per un’altra malattia genetica, la Sindrome di Cockayne in una coppia di origine Siciliana. Le criticità riscontrate inizialmente dovute all’alta contaminazione cellulare materna sono state superate passando dall’85% di fattibilità diagnostica ad oltre il 98% con lo sviluppo di nuove metodologie di isolamento cellulare.
La quantità di cellule fetali è variabile per i diversi liquidi celomatici.
L’attendibilità diagnostica è stata del 100% e nessuna discrepanza di risultati si è avuta tra i dati ottenuti con celocentesi ed i controlli effettuati successivamente (tessuti abortivi, amniocentesi o alla nascita del bambino) per cui possiamo affermare che oggi la celocentesi è una procedura precoce, sicura ed affidabile di diagnosi prenatale che può essere offerta alle coppie a rischio per emoglobinopatie e talassemia (entrambi i partner portatori sani) o per altre patologie genetiche se preliminarmente sono conosciuti i difetti molecolari della coppia.
L’esame serve unicamente a individuare se il feto è affetto da talassemia o può dare anche responsi per altre malattie genetiche o cromosomiche?
Il nostro percorso sperimentale-diagnostico prevede la possibilità di applicare la celocentesi anche nella diagnosi di patologie cromosomiche, come la Sindrome di Down. I risultati preliminari ottenuti dai nostri ricercatori sono promettenti e lasciano ben sperare per la realizzazione di un nuovo test precoce per lo studio del cariotipo fetale entro breve tempo. Inoltre, per la prima volta è stata applicata la celocentesi per verificare su una donna italiana in gravidanza la presenza nel feto della sindrome di Cockayne.
Si tratta di una malattia genetica rara, autosomica recessiva, con una statistica di un caso su 200 mila, che produce ritardo progressivo della crescita, bassa statura, microcefalia e altre anomaliefacciali, invecchiamento precoce, deficit cognitivo e sordità, retinite pigmentosa. La donna desiderava avere un altro figlio dopo la prima, affetta dalla stessa malattia, deceduta all’età di tre anni e ha richiesto, ancor prima di essere in gravidanza, di effettuare la diagnosi prenatale presso l’Ospedale Vincenzo Cervello attraverso la celocentesi.
Dottor Giambona, in termini semplici e sintetici, quali sono i vantaggi della celocentesi?
Alcuni dei punti di forza della celocentesi possono essere così elencati:
Precocità. La celocentesi rappresenta la procedura di diagnostica prenatale invasiva più precoce che può essere offerta alle coppie a 7-9 settimane (in tal modo la coppia ha un tempo maggiore per prendere una decisione consapevole nel caso in cui il feto dovesse risultare affetto). Le altre procedure diagnostiche possono essere effettuate a 12 settimane di gestazione (villocentesi) o successivamente a 16 settimane (amniocentesi).
Fattibilità. Prossima al 100%. Attendibilità diagnostica. In nessun caso sono stati riscontrati errori diagnostici dopo controllo post celocentesi.
Tempi di risposta. In circa 5 gironi lavorativi durante i quali viene conclusa e comunicata la diagnosi. Ciò potrebbe consentire alla donna di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, se richiesta, e non all’aborto terapeutico, con un beneficio sia fisico che emotivo.